... E ritorno a casa - Racconto & immagini (4)
- aa1269
- 29 giu 2016
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(p. 171) All’alba del giorno seguente ritornai all’ingresso secondario di Gadara. Nessun cancello, nessun biglietto da pagare. Seduto sull’ultimo gradone del Teatro Ovest, aspettai il sorgere del sole.
Da quassù, la topografia dell’area archeologica era chiara. Il viale del Teatro Ovest divideva il terzo orientale dell’antica Antiochia, più urbanizzato, dal resto della città, avaro di edifici ma generoso di spazi vuoti, sterpaglie bruciate dalla arsura, arbusti e cespugli. Il teatro era a metà del viale che congiungeva l’ingresso sud della città con la strada maestra. Non mi sembrò un caso che il teatro fosse equidistante da due punti di aggregazione.
Diressi lo sguardo giù in basso, verso lo spazio di scena alla base dei gradoni. Immaginai il vociare. Le voci si confondevano con i movimenti degli attori di un’opera classica che pescai nei ricordi delle visite all’arena di Verona. La brezza animava i personaggi, mentre la luce calda del sole appena sotto l’orizzonte preparava i colori. I suoni erano quelli di un concerto di musica antica, un madrigale di Monteverdi o di Giovanni Pierluigi da Palestrina eseguito dai Tallis Scholars. Solo il sorgere del sole avrebbe potuto risvegliarmi dal torpore dell’immaginazione, forse causato dalla stanchezza tipica di una notte troppo corta. E il sole sorse.
Nelle successive due ore visitai la città senza incontrare nessuno, a parte una squadra di archeologi tra cui distinsi volti giapponesi.
Rientrai in albergo e mi misi a letto per recuperare il sonno perso con la levataccia. Ma la luce proveniente dalle due grandi finestre non lasciava spazio ai dubbi: avrei dormito poco.
Pensai: Meglio così. Presto sarei dovuto risalire in macchina per proseguire il viaggio verso una destinazione che ancora non avevo.










































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