... E ritorno a casa - Racconto & immagini (3)

(p. 167) Dalla strada principale per l’Iraq imboccai per intuito una traccia pietrosa nel deserto a nordest di Azraq. La traccia finì per incanto alla base di una collinetta battuta dal vento e coperta di grosse pietre squadrate di quello che era stato il castello di Aseikhin (Qasr Aseikhin), ora poco più di un rudere. Solo un arco a sesto ribassato e qualche muro erano ancora al loro posto.

Salii sulle pietre. Da qui in alto, il mondo appariva come un immenso campo di biglie. Era un luogo suggestivo, isolato, fuori dal giro classico dei «castelli del deserto» della Giordania sudorientale compiuto in giornata dai turisti provenienti da Amman con i taxi privati prenotati dagli alberghi: Qasr al-Hallabat, Qasr Amra, Qasr al- Azraq, Qasr Kharana, Qasr Deir al-Kahf.

Difficile da raggiungere per le pessime condizioni della strada e di scarso interesse turistico, il castello di Aseikhin era evitato dai turisti ma era perfetto per me, che cercavo un luogo aperto e isolato per trascorrere la notte. Era questo il motivo principale per cui mi ero avventurato tra i sassi in una ricerca un po’ a caso iniziata subito dopo aver salutato Bashir e il suo compare, quando il pensiero del tappeto che non avevo comperato era ancora in me come un impercettibile rimpianto.

Mentre la luce lasciava lo spazio alle tenebre, percepivo il paesaggio come se il soffio del vento trasportasse le forme tra le pietre. A distanza si vedevano bagliori urbani. Azraq a sudovest e Safawi a nord erano stelle artificiali o pianeti di mattoni e cemento aggregati nel buio intenso della mia piccola galassia.

Scesi a tastoni dalle pietre da cui avevo contemplato l’orizzonte e ritornai alla macchina parcheggiata al limitare delle pietre. Montai il lettino e lo orientai lungo il lato controvento della Toyota. Infine, chiusi con i bagagli la via all’aria, che spirava forte sotto la scocca tra ruota e ruota.

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